La figura del maestro Luciano Luciani

 

Il ricordo di un ex giovanissimo allievo: il M° Giuseppe Maiorca

Luciano Luciani era un uomo elegante e gentile: un vero galantuomo. Con la sua infinita pazienza mise sulla tastiera le mani di tanti bambini che ebbero la fortuna, come me, di iniziare a studiare il pianoforte sotto la sua guida. Ricordo, come se fosse ieri, la sua voce chiara (gli piaceva scandire le parole), che mi chiedeva di “articolare” le dita per irrobustirle. Mi ha fatto amare la musica, e già a otto anni non avrei mai più potuto farne a meno: non pensavo magari che avrei fatto il pianista, come poi accadde per quei casi misteriosi difficili da raccontare, ma fin da subito fu chiaro, per me, che nella mia casa e nella mia vita ci sarebbe sempre stato il pianoforte.

Questo era il talento supremo del M° Luciani: faceva amare la musica, con il suo metodo assolutamente fantasioso e coinvolgente. Tra esercizi di tecnica e studi che appartenevano al canone didattico della scuola pianistica napoletana, infatti, vi erano una infinità di trascrizioni facilitate di preludi di opere liriche, di romanze celebri e meno note, di grandi composizioni orchestrali, che il maestro mi portava settimana dopo settimana; e poi i brani più abbordabili di Mozart, Beethoven, Chopin, Schubert, Mendelssohn; ma anche le melodie napoletane, le canzoni che si ascoltavano alla radio, le colonne sonore dei grandi film americani; per finire con l'immancabile quattromani, che era un vero piacere suonare insieme a lui che faceva il secondo. Sapeva che la musica prima doveva entrare nei cuori dei bimbi, se si voleva che poi vi albergasse: così la faceva risuonare tra le mie prime emozioni con tutti gli espedienti possibili.

Avevo otto o nove anni, e mi era capitato di ascoltare in un disco il Sogno d'amore di Liszt, che mi era piaciuto immensamente. Volevo impararlo a suonare, e chiesi a mio padre di acquistarmi lo spartito. Quando lo ebbi, e lo vidi, rimasi di stucco: come era difficile, per un bambinetto, con tutte quelle note piccolissime delle cadenze! Neanche riuscivo a capire come avrei potuto eseguirle!... Chiesi allora al M° Luciani di darmi una mano: lui mi disse con severità che era un po' troppo presto per suonare una musica così difficile, e che dovevo pazientare. Io rimasi un po' male, e lui dovette accorgersene.

Qualche settimana dopo, prima della lezione, mi disse: “Ho studiato in questi giorni il Sogno d'amore di Liszt, e te lo voglio fare ascoltare”. Si mise al mio pianoforte verticale, e lo suonò: lo suonò soltanto per me.

E anche questo fu un insegnamento meraviglioso del M° Luciano Luciani, a cui penso spesso: bisogna suonare per gli altri, per tutti coloro che desiderano la musica, e non importa se gli altri sono soltanto un bimbo di otto o nove anni.

Giuseppe Maiorca

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